No Brevetti

Giu 03
2006

Tanti anni fa, in un’epoca lontana, c’erano dei re violenti e malvagi. Avevano potere di vita e di morte su tutti, e lo esercitavano con la polizia, le guardie armate, persino i preti che erroneamente sostenevano che questi tiranni erano legittimati da Dio in persona.

Poi fu scoperto un nuovo continente. Uno spazio immenso, e poco popolato. C’erano coloni, c’erano pacifici abitanti originari, c’erano assemblee e decisioni comuni di buon senso. I coloni non avevano nè polizia nè esercito. Ma sapevano scrivere…

Mandarono lettere in Europa, raccontando com’era la loro vita. E un giovane svizzero, dal cuore ardente, ne lesse molte. Si chiamava Jean-Jacques Rousseau. Si mise a scrivere un libro, stampato dai liberi editori svizzeri.

Inventò, scrisse e riscrisse un concetto eretico, il più rivoluzionario mai scritto: “il diritto naturale dei popoli e delle genti”.

Il nostro nuovo continente, per noi che abitiamo anche il cyberspazio, è Internet. Qui finora non c’è stata troppa polizia, pochi i reati, minima la violenza e la prevaricazione. In rapporto a ciò che abbiamo fatto e costruito.

Abbiamo colonizzato in dieci anni uno spazio per mezzo miliardo di esseri umani (e più). Senza una vittima, senza una strage, senza nemmeno una guerra: un record millenario! Mai era successo nella storia conosciuta. E continua tuttora…

Siamo la generazione della pace, della trasformazione non violenta. Spostiamo bit e non atomi

Qualcuno però impose leggi ingiuste a quegli antichi coloni di allora. Se volevano bere una tazza di tè dovevano pagare una tassa a un re lontano, indifferente e sconosciuto….

Si ribellarono. Rifiutarono l’ingiusta legge. Si liberarono.

Oggi un legge ingiusta, cresciuta sulle trame e sul potere occulto di alcune multinazionali, ci impone tagliole su tutto lo scibile umano delle conoscenze, dell’arte e della cultura.

Ci marchia come pirati, come malfattori, come disonesti. In nome di norme contrarie a qualsiasi diritto naturale.

Questo scempio si chiama copyright per 175 anni filati, si chiama brevettazione anche di oggetti e fenomeni naturali, del nostro stesso codice genetico.

Questo scempio ci impone di pagare tasse anche se vogliamo condividere liberamente e gratuitamente ciò che è nostro, la nostra musica, le nostre fotografie, filmati, il nostro software.

Noi invece affermiamo il nostro diritto inalienabile a vivere serenamente la rete, senza manette, senza sorveglianti pubblici o privati

A non essere costretti a pagare per ciò che è abbondante come l’aria, e che è nostro.

Ad apprendere, sperimentare e crearci un futuro

A vincere sulla nostra qualità, la nostra firma

A cercare la nostra felicità, come dissero allora quegli uomini liberi….

Colonizzando in pace il cyberspazio noi abbiamo fatto un favore a noi stessi, agli altri e al mondo. Anche a coloro che vorrebbero vederci in prigione o soggetti di leggi e tasse assurde.

Con internet abbiamo sviluppato un gioco di libertà reciproca, e di mutuo arricchimento (materiale e non) quale non si era mai visto negli ultimi cento anni.

Nessuno Stato, potere o impresa l’ha creato. L’ha creato invece prima la comunità scientifica, poi quella tecnica, quindi cittadini e utenti come Noi. Insieme.

Noi intendiamo andare avanti su questo cammino di Pace e vantaggioso per tutti. E rifiutiamo gli ostacoli artificiali che ci vengono imposti.

Questo cammino sta già cambiando la vita di un terzo degli italiani. Quando mai una trasformazione tanto vasta è stata tanto pacifica e silenziosa nel nostro Paese?

Quante le proteste contro internet? Oggi è divenuta persino invisibile, tanto è naturale usarla. E sono passati solo sei anni dalla sua partenza di massa qui da noi…

Oggi l’80% delle imprese italiane usa la rete. E’ diventato il sistema nervoso del lavoro del Paese.

E’ diventato lo strumento degli studenti, e di chi impara, di qualsiasi età egli sia.

Internet vale un milione di posti di lavoro in Italia e almeno dieci milioni in Europa. E’ il maggiore datore di lavoro per le nuove generazioni del continente.

Invece di punire e di mettere tasse ingiuste perchè i nostri politici non cercano di capire Internet e di facilitarci il cammino?

Cercano di bloccare qualcosa che è nei fatti: la condivisione della conoscenza e del sapere dell’umanità. Ormai nelle cose, nella tecnica, nell’infrastruttura. Vogliono far girare all’indietro la ruota della storia?

Beppe Caravita

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